Birre Belghe: la storia

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Le birre Belghe sono uniche, un mix di tradizione e creatività. Il Belgio è formato da una serie di piccole regioni, ognuna delle quali ha la propria lingua, cultura, e soprattutto le proprie birre.

Birre Belghe: non sono sempre state il Top

Fin dall’antichità i monasteri hanno sempre detenuto l’arte brassicola del Belgio. Gran parte degli ordini religiosi prevedeva che i monaci dovessero sostenersi con il proprio lavoro, e la produzione di birra era tra queste attività, una pratica però proibita agli esterni.

Inizialmente la birra veniva prodotta solo con avena, nel tempo si iniziò ad usare l’orzo, farro e la segale.

Nel 1200 non esisteva la birra luppolata, l’amaro derivava da una miscela di spezie chiamata gruit, alla quale venivano aggiunti cereali macinati per mantenerne segreta la composizione.

Già dal 1600 l’arte della produzione della birra non era più esclusiva dei monasteri. Iniziarono a nascere birrifici laici, e iniziò la costruzione dei primi birrifici comunali simili a quelli della baviera, dove a turno i cittadini producevano birra per la propria famiglia.

A causa della Rivoluzione francese i monasteri, e i piccoli birrifici che si stavano avviando, furono costretti a chiudere. Quelli che riaprirono lo fecero con una interruzione di ben 40 anni, lasciando il Belgio molto indietro nelle tecniche di produzione.

L’introduzione di un sistema di accise in stile inglese provocò un abbassamento della qualità delle birre belghe prodotte, che erano meno corpose (gradazione molto bassa) e meno raffinate, per poter pagare il meno possibile di tasse.

Alla fine dell’800 la scena birraia del Belgio versava in condizioni piuttosto spiacevoli. I birrifici erano piccoli e mal equipaggiati, e i loro prodotti, principalmente birre leggerissime e acidule, erano pensate unicamente per il mercato locale. Parte del problema era dovuto ai bassi dazi di importazione: le Ale inglesi e scozzesi e le lager tedesche costavano talmente poco che i produttori belgi non erano in grado di produrre a prezzi competitivi, e lasciavano che questi prodotti dominassero il segmento medio-alto del mercato.

La prima Guerra Mondiale accelerò la crisi. I tedeschi requisirono tutti gli impianti di produzione, e istituirono un severissimo regime di razionamento di materiali ed ingredienti. Ci vollero diversi anni prima che la situazione cominciasse a risollevarsi, ma le scelte del governo belga, che nel 1919 proibì la vendita di gin all’interno delle taverne, creò un nuovo mercato per le birre più forti indirizzate ai bevitori.

Gradualmente i produttori cominciarono a rialzarsi, e con essi la qualità delle loro birre.

Nacque inoltre una nuova categoria ibrida che univa le tradizioni inglesi e belghe: la Duvel, per esempio, venne prodotta per la prima volta 1923 come birra scura fermentata con un ceppo proveniente dal birrificio scozzese McEwan’s.

Le birre Trappiste come le conosciamo oggi arrivarono sul mercato intorno a quegli anni.

Orval costruì il birrificio nel 1932, Westmalle registrò il nome di Trappistenbier nel 1933 e un anno più tardi creò la prima tripel chiara, che sarebbe diventata un’icona dello stile dal quale tanti avrebbero tratto ispirazione.

Attualmente, più del  50% della produzione è destinata all’esportazione.

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